EQUIPAGGIAMENTO
a cura di Barbara Hofman
Non esiste buono o cattivo tempo
Esiste solo buono o cattivo equipaggiamento
Lord Baden Powell
INTRODUZIONE

L’equipaggiamento ed i materiali usati nei trekking a piedi “migliorano” in continuazione, sempre più nuovi, più moderni, le fibre sintetiche la fanno da padrone con colori vivaci accostati prepotentemente.
Nei trekking a cavallo è diverso; non solo si conservano i materiali tradizionali, dove il cuoio grasso è ancora l’unico incontrastato sovrano, ma si vanno addirittura a cercare e studiare le tecniche di trasporto usate dai nomadi o dai soldati a cavallo nei loro perpetui e continui spostamenti come, ad esempio, il cuoio crudo, cioè non conciato, materiale dimenticato, ma di incredibile resistenza. L’escursionista si serve dell’equipaggiamento durante la gita; il cavaliere lo usa di continuo perché il cavallo si deve muovere. La plastica non ha bisogno di manutenzione, selle e finimenti sì, quando si usano e soprattutto quando non si usano. In parole povere avremo addosso i tipici odori del cuoio e del grasso frammisti a quelli del sudore equino ed umano. Tutto quello che è a contatto della pelle del cavallo deve essere naturale: la coperta di lana sottosella, il feltro per ammortizzare il peso della sella e delle bisacce, e così via. Gli articoli disegnati e descritti sono quelli di cui ci serviamo abitualmente negli Alpitrek.
Nel 1974, quando è cominciata la storia di salire a cavallo sulle montagne, fu necessario costruire tutta l’attrezzatura con le nostre mani (tranne la sella). Come sapete i trekking a cavallo (quelli veri) non hanno particolari basi d’appoggio, quindi tutto l’equipaggiamento deve essere trasportato sul cavallo, legato all’arcione. Per questo è indispensabile che sia composto di pochi, ma essenziali pezzi, leggeri, robusti, collaudati, di un certo gusto, confortevoli. Il nostro modo di andare a cavallo è legato alla passione di stare insieme con il nostro cavallo. Per questo motivo il contatto della gamba e il dialogo della mano, sono così importanti da determinare il tipo e la disposizione dell’equipaggiamento.
LA STORIA
Osservando i popoli nomadi e il movimento degli eserciti nei tempi passati, notiamo che il materiale pesante era trasportato su carri e animali da soma. Solo nelle scorrerie, i cavalieri dovevano percorrere grandi distanze in territorio ostile portando, legati all’arcione, l’equipaggiamento e i viveri necessari alla progressione.
Tralasciando i popoli nomadi (come Mongoli, Tuaregh o i famosi Indiani delle Pianure), troppo complessi per poterli analizzare velocemente, soffermiamoci sulla Cavalleria dell’Esercito.
La Cavalleria militare
La Cavalleria è divisa sostanzialmente in pesante e leggera, quella pesante veniva usata da “sfondamento” nelle famose travolgenti antiche cariche, quella leggera per azioni di ricognizione e incursioni tipiche degli odierni “commando”.
Le divisioni corazzate sono eredi della cavalleria pesante e hanno contribuito a cambiare, dal 1939 in poi la tattica militare, mentre i Gruppi Blindo e le divisioni aviotrasportate in genere derivano da quella leggera.
Per questo lavoro abbiamo studiato l’equipaggiamento di quest’ultima composta da Cosacchi, Ussari, Ulani, Lanceri.
Nomi noti a tutti i cavalieri: i Cosacchi indomiti animi liberi della steppa, gli Ussari neri della morte dell’esercito prussiano con i teschi d’argento sui colbacchi neri, gli Ulani coi cappelli a quattro punte polacchi, la XXVII brigata leggera inglese (quella suicida) famosa per la carica dei 600 a Balaklava durante la guerra di Crimea per arrivare alla nostra Isbuscenskj di “Savoia Cavalleria” in Russia alla fine di agosto 1942.
Pensando a questi soldati a cavallo, ai mountain men delle Montagne Rocciose, alla Cavalleria dell’Esercito degli Stati Uniti e ai loro formidabili nemici, entriamo nello spirito della spedizione, del viaggio a cavallo e della sua inspiegabile epica entusiasmante unica
grande avventura.
LE DOTAZIONI INDISPENSABILI
Cominciamo con l’equipaggiamento operativo da campagna per il cavallo che comprende: sella e finimenti, coperta sottosella, impermeabile, contenitori, impermeabile termo riflettente, sacco piuma, lunghina di cuoio, pettorale e sottocoda, pinze e martello, musetta, piccola striglia, ramponi da ghiaccio e relativi maschi per filettare i fori dei ferri, chiave per avvitare i ramponi, chiodi da roccia, cordino da montagna.
Ma andiamo per ordine come se dovessimo veramente metterci in viaggio, con il cavallo riposato e tranquillo davanti a noi, legato con la lunghina all’anello della scuderia.
Per prima cosa mettiamo la coperta sottosella; è importante disporla correttamente perché da come viene messa, può dipendere il formarsi di fiaccature. Noi usiamo coperte militari: sono robuste, costano poco e soprattutto siamo sicuri che sono di pura lana; la coperta va piegata in due e quindi messa doppia; va appoggiata un po’ in alto sul collo per poi farla scivolare leggermente all’indietro seguendo il verso del pelo, proprio per evitare eventuali, imperdonabili fiaccature. Questa coperta di lana deve essere più larga del feltro.
Sopra la coperta viene posato il feltro, rettangolare, anche questo di lana. Esso ha, oltre alle due strisce di cuoio per fissarlo ai riscontri, due occhielli davanti e due dietro fissati con del cuoio per ancorarvi il materiale. Lo spessore del feltro è di circa 1 cm; esso continua dietro i quartieri della sella per comprendere e ammortizzare il peso delle bisacce.
Sopra il feltro mettiamo la sella.
LA SELLA DA TREKKING
I trekking e i viaggi a cavallo non sono nuove discipline, ma un adattamento di quelle già esistenti, pertanto un cow boy userà per il suo viaggio una sella da lavoro conosciuta da noi come americana mentre i cavalieri che montano con metodo Caprilliano, e quindi nel
rispetto dell’equitazione naturale, avranno sui loro cavalli selle italiane da caccia.
In pratica ogni sella che rispetti il cavallo può essere usata per i nostri viaggi.
La sella che nel nostro paese viene comunemente chiamata inglese, è conosciuta nel mondo come sella italiana.
Per sella da caccia si intende quel tipo di sella usata nella caccia alla volpe: questa emozionante disciplina porta cavalli e coraggiosi cavalieri ad affrontare, spesso al galoppo, gli improvvisi e innumerevoli ostacoli naturali offerti dalla campagna: alberi abbattuti, muretti, fossati, paludi. Alle cacce alla volpe, quelle vere, non partecipano damerini impomatati, ma cavalieri: non facciamoci quindi ingannare dagli impeccabili vestiti che questi ultimi indossano.
Per rispettare il cavallo, è fondamentale che la sella abbia un buon arcione; “l’arcione – dice uno dei più grandi sellai – è l’anima della sella”.
Le selle sembrano spesso tutte uguali, ma sono nella sostanza fondamentalmente diverse. Non è cosa facile conoscere la bontà dell’arcione: la sella va dunque guardata molto bene anche di sotto, dalla parte dei cuscini, ricordando che più è abbondante l’imbottitura, maggiore è l’imperfezione dell’arcione <VERIFICARE SE C’E UNA CONTINUAZIONE>
Alla sella si deve fissare l’equipaggiamento, che come abbiamo visto è notevole: dovrà pertanto essere dotata di una serie di campanelle ed essere saldamente fissata al feltro.
La sella si lava con acqua e sapone e va ingrassata quando è ancora umida con i pori dilatati; per nutrire il cuoio nel modo migliore, è utile usare olio di fegato (di merluzzo) tra il lavaggio e l’ingrassaggio.
Il sottopancia deve essere piuttosto largo, ben lavato e spazzolato: anche minuscole particelle che si accumulano tra sottopancia e cute possono fiaccare la cavalcatura.
Una buona sella dura una vita, purtroppo più del cavallo.
Molti cavalieri hanno selle piene di strada e ricordi, di vento e avventure: la sella va rispettata, usata mai idolatrata, va sbattuta per terra per appoggiarci sopra la testa e addormentarsi.
PETTORALE E SOTTOCODA
Sono due finimenti che impediscono alla sella di slittare avanti e indietro (ovviamente nelle salite e nelle discese); in genere vengono poco usati in quanto un equipaggiamento ben fissato ed equilibrato sta di norma al suo posto quando il cavallo è strutturato bene fisicamente. Nei casi di ripide salite o discese, il cavaliere naturalmente non starà in sella, ma camminerà davanti al suo cavallo. L’equipaggiamento pesante è ovviamente inerte, il peso e gli urti tenderanno a farlo scivolare creando la possibilità del sorgere di fiaccature; quindi, quando sarà necessario, useremo pettorale e sottocoda.
Dietro la sella le famose bisacce che caratterizzano l’immagine di questa disciplina. Ve ne sono di vari tipi e di vari materiali, ma come al solito ci soffermeremo su quelle usate da noi che, come potete vedere dal disegno, hanno parecchie tasche e taschini che ne
aumentano la praticità.
La cucitura delle borse deve essere molto robusta; può accadere, infatti, di strisciare contro pareti rocciose o piante con conseguente strappo e il rovesciarsi a terra del contenuto; se siete abituati alle cavalcate saprete come questo fatto succeda più spesso di quanto non si creda. Le borse vanno di tanto in tanto ingrassate, soprattutto all’esterno per aumentarne l’impermeabilità. Sopra le bisacce, legato dietro la paletta della sella, c’è il cilindro in tessuto tecnico, diametro 20 cm, lungo circa 1 m, dentro il quale infiliamo l’occorrente per la notte.
Davanti alla sella c’è un altro cilindro, dello stesso tessuto, ma un po’ più piccolo, che contiene l’impermeabile per il cavallo.
Dentro le bisacce possiamo avere una piccola striglia di plastica, i ramponi da ghiaccio e relativo maschio filettatore con chiave per avvitarli, mentre sono indispensabili le pinzemartello
e una manciata di chiodi per rimettere i ferri quando si perdono.
Appesa all’occhiello anteriore sinistro del feltro pende la musetta dell’avena, in tessuto di cotone; questa serve a trasportare la razione di avena giornaliera -4-5kg – e soprattutto a somministrarla senza sprechi.
L’EQUIPAGGIAMENTO DI MERLINA
Fino ad ora abbiamo teorizzato, adesso passiamo alla pratica quotidiana.
Le ricognizioni, che sono indubbiamente più impegnative dei trekking, necessitano di un equipaggiamento completo e nel contempo leggero; le due caratteristiche non sono tra loro antitetiche; all’esploratore occorrono poche cose, e conosce i comfort che la natura offre generosamente ed è abituato ad usufruirne.
Osserviamo ad esempio l’equipaggiamento portato da Merlina (cavalla Anglo Arabo Sarda del peso di 500 Kg) durante l’impegnativa attraversata del Monte Rosa nella piovosa estate del 1989, che impegnò i cavalli per 10 giorni in passi di alta quota tra i 2700 e i 2900 m.
Il cilindro d’arcione (diametro 10 cm – lunghezza 1 m) conteneva un impermeabile alluminato per il cavallo e viveri per il cavaliere: pane, formaggio, scatolette, fornello e combustibile solido, bustine di caffè, latte in polvere e zucchero.
Al feltro sottosella, davanti al quartiere, sono appesi:
– a destra machete, lunghina e musetta;
– a sinistra borraccia, cordino da montagna, moschettone e chiodi da roccia.
Queste cose vengono bilanciate tra loro a seconda che musetta e borraccia siano tra loro più o meno piene.
Nelle bisacce trovano posto:
gilet e berretto di alpaca, pinza-martello e chiodi di cavallo, binocolo, taccuino con penna, macchina fotografica, cartina e rullini, fiaschetta di Genepy e foulard.
Lo scout ha nella bisaccia una particolare dotazione per le riparazioni da fare sul campo: durante una ricognizione può accadere che le redini cadano a terra, il cavallo le pesti e le rompa, oppure che le bisacce, urtando contro una roccia o una pianta, si forino e lascino fuoriuscire il contenuto.
Ago, filo, lesina e rivetti possono dunque tornare utili.
Il cilindro da sella contiene l’occorrente per il cavaliere:
impermeabile, saccopelo, scarpe da ginnastica, tuta, pila, maglione di alpaca, giacca a vento non imbottita, telo tenda.
Il peso complessivo è di 32,5 Kg., comprendente sella, feltro e coperta militare sottosella.
Sappiamo che il peso complessivo trasportato dal cavallo non solo non deve superare un terzo del suo peso, ma deve restarne ben al di sotto; quindi il peso dell’equipaggiamento, sommato a quello di sella, testiera, coperta e feltro, al peso del cavaliere e a quello del cibo ingerito dal cavallo non deve superare un terzo del peso del cavallo stesso.
Quindi, visto che Merlina pesa 500 kilogrammi e noi possiamo portare un terzo del suo peso ( 500/3) che è 166,6 kg, il peso del cavaliere più il peso dell’equipaggiamento (32,5kg) si deve tenere al di sotto di 166 kg. Ovviamente quest’ultima cifra è il limite massimo consentito: l’esperienza ci insegna a tenerci ben al di sotto. Merlina è un cavallo da concorso che va benissimo anche nei trekking, ma in genere i cavalli da trekking pesano meno e il carico trasportabile diminuisce in proporzione.
CAVALIERE
Sulle montagne, anche quando siamo a cavallo, si cammina sempre molto, vuoi per dare sollievo al cavallo nel superare passaggi difficili, nelle salite impegnative o ripide discese o per la gioia di camminare. Così diventa utile procedere con un buon paio di scarpe
da montagna nei piedi, non del tipo pesante, ma neanche troppo leggere, una via di mezzo insomma, con il Vibram in buono stato. Questa calzatura va “fatta”; è consigliabile per questo motivo non partire per un trekking con gli scarponi nuovi, ma solo dopo averli usati un po’di volte. La scarpa deve essere impermeabile e resistente, quindi quelle fatte con pelle e Goretex sono meno indicate, tendono a perdere con il tempo la loro impermeabilità.
Ricordiamo che nelle salite, e soprattutto nelle discese, è facile pigliarsi un “pestone” dal cavallo, ed il suo piede è sempre ferrato: la scarpa con il cuoio più spesso protegge di più anche in questo caso.
Altro discorso va fatto per le calzature da allenamento, come le scarpe da ginnastica o gli stivali (cogliamo l’occasione per ricordare che in Francia esiste un tipo di stivale chiamato randonneur espressamente concepito per gli addetti ai lavori, robusto, impermeabile, con la para che lo rende adatto anche per camminare su terreni difficili; lo usano i grooms e durano molto anche usandoli a lungo).
Tra il piede e lo scarpone ci vuole il calzettone di lana, ma questo lo sanno tutti.
Nei lunghi itinerari è utile avere con sé una comoda scarpa da ginnastica per far riposare il piede dopo la marcia faticosa.
Sopra il “vecchio scarpone”, per proteggere il polpaccio c’è la ghetta di pelle. Le ghette hanno tre scopi: riparare la gamba da eventuali “pestoni”, proteggere il fondo dei pantaloni dal sudore del cavallo e, per quei cavalieri che non hanno assetto perfetto, per proteggere il polpaccio dalle ferite che provoca lo staffile.
Il machete da sella Abbiamo imparato ad usarlo dai vaqueros messicani, lo portiamo sempre appeso all’anello anteriore sinistro del feltro ed è infilato tra questo e il quartiere della sella.
Per essere portato in questa maniera deve essere: leggero, sottile e flessibile per non arrecare fastidio; quindi non tutti vanno bene, ma solo quelli appositamente concepiti; sono, in genere, sudamericani da canna (da zucchero) e risultano molto utili anche se possiamo non averne bisogno per giorni interi; accade, per esempio, che d’improvviso si incontri un sentiero che dobbiamo ripulire per percorrerlo: allora sperate di averlo con voi. Nei casi in cui il sentiero è invaso completamente dai rami di pino e dalle sterpaglie, il primo cavaliere “apre” il grosso del passaggio lasciando il suo cavallo dietro con le briglie legate intorno al collo, mentre il secondo cavaliere rifinisce il percorso tenendo le briglie del suo cavallo. Un sentiero inutilizzato da anni va ripulito a dovere: spezzoni appuntiti, lasciati qua e là, possono provocare ferite nel costato del cavallo, a volte anche gravi, soprattutto se abbiamo un soggetto un po’ pauroso. Inoltre i rami non tagliati possono rovinare la sella, ricordarsi inoltre che pulire sentieri è un servizio gradito a tutti. Va da sé che un machete affilato torna
comodo anche per montare il campo serale.
Dentro il nostro cilindro, al quale abbiamo accennato poco fa, mettiamo le cose impiegate di notte e che non devono essere a portata di mano nel corso della giornata e cioè:
sacco a pelo leggero o pesante a seconda della quota e della stagione, tuta da ginnastica di cotone, pila, maglione caldo e leggero (l’alpaca va benissimo per questo uso), ecc.
Legato dietro l’arcione sotto il cilindro c’è anche l’impermeabile per il cavaliere. Un buon impermeabile appositamente concepito con lo spacco posteriore per restare ben inforcati ci protegge perfettamente dal temporale improvviso o dalla pioggia che può durare anche alcuni giorni. Infatti durante un trekking spesso dobbiamo continuare la marcia anche se veniamo sorpresi dalla pioggia. Le precipitazioni in estate sono sovente a carattere temporalesco e in genere durano poco e il cavaliere può aspettare che passino e poter quindi ripartire. Ma nei nostri viaggi, anche quelli effettuati nella bella stagione si possono trovare giornate piovose, di quella pioggia che cade a lungo e fitta. I cavalli non patiscono l’acqua, lo sappiamo; naturalmente dobbiamo essere accorti, come sempre d’altronde, a non farli sudare, rispettando i problemi della temperatura corporea rispetto a quella esterna per evitare pericolosi e repentini raffreddamenti.
I cavalieri per poter continuare confortevolmente la marcia sotto la pioggia dovranno infilarsi l’impermeabile.
Complemento dell’impermeabile è il cappello di feltro a falda larga; protegge gli occhi e la testa dai raggi del sole e soprattutto dall’acqua; esso può essere di merinos o lapin. Entrambi sono resistenti, ma il lapin è sottile e morbido, mentre il merinos è più spesso e grossolano. Ogni tanto è bene spruzzargli sopra un po’ di appretto per mantenere l’impermeabilità. Possiamo forare la falda con un’occhiello, nel quale far scorrere un laccio di pelle per assicurarlo alla sella quando non lo usiamo; può avere un sottogola o, meglio ancora, un sottonuca; personalmente però non uso né l’uno né l’altro. Un buon vecchi cappello di feltro della giusta misura non vola via quando è ben messo, anche se si galoppa veloci; se incontriamo bufera basta passargli sopra il foulard e annodarlo sotto il mento per non farlo volar via. D’inverno, però, conviene adoperare i colbacchi di pelo o di montone come quelli dei trappers; sono belli e tengono caldo.
Come si è potuto intuire da queste brevi note, riguardo all’abbigliamento personale nei trekking non ci sono regole fisse o etichette da rispettare, e ognuno si infila gli indumenti che ritiene più comodi e adatti.
Ultima nell’elenco la borraccia; dev’essere di forma rotonda e piatta e contenere circa 1 o 1.5l d’acqua; si fissa all’anello anteriore destro del feltro e la sua forma serve a non infastidire il cavallo e a non farla sobbalzare quando si trotta. Purtroppo borracce del genere se ne vedono poche in commercio e molti trekkers hanno dovuto farsele loro.
La gamella di ferro serve per far bollire l’acqua per il caffè nei campi serali. Gli articoli che abbiamo descritto sono quelli che ci portiamo di norma sempre appresso, cioè legati all’arcione o dentro le bisacce, a seconda della durata del trekking o della stagione.
SUL CAVALLO – DALLA TEORIA ALLA PRATICA
Arianna Corradi

Il materiale necessario per vivere bene all’aria aperta è uguale, sia che stai fuori per un giorno, sia che stai fuori per una notte, sia che stai fuori per dieci anni (mettiamocelo bene nel cranio).
Non sono molte le cose di cui si ha bisogno, ed il proprio cavallo è in grado di trasportare il tutto assieme al cavaliere.
Meno cose uno si porta dietro e meglio sta, e sta meglio pure il cavallo. Possiamo tuttavia usare tutti i confort che la Natura offre, come un limpido ruscello, un bel tronco per appoggiarsi la schiena, due pezzi d legna messi li per farti bollire il caffè e molto altro.
Il cavallo da basto. Manco fossimo nelle praterie d’america. Qui l’ingegno è stare lontano dai centri abitati, che sono ovunque. Personalmente ho usato un sacco di volte i cavalli da basto, tutte le volte che era necessario, nel senso che toglievo la sella e mettevo il basto quando si doveva portare viveri a rifugi di alta quota, equipaggiamento di gruppi… ma partire per un viaggio da soli con un cavallo in più solo per portarsi l’inutile o peggio il superfluo, raddoppia le complicazioni e le preoccupazione (ferrature, viveri, costi…) e in più per me significa rinunciare ad un rapporto esclusivo con il proprio.
Nelle pagine seguenti elenco quello che mi son portata dietro in questi quattro mesi. Niente paura, non spaventativi, ognuno porta dietro quello che vuole, perché ognuno ha esigenze diverse. Io di esigenze non ne ho quasi nessuna, quindi non posso essere presa come punto di riferimento. A me basta marciare.
Coperta di lana sottosella: le coperte militari sono di un’ottima lana, materiale naturale che permette una buona traspirazione e che all’occorrenza può servire a proteggere cavallo o cavaliere dal freddo. Essendo a diretto contatto con la schiena del cavallo, va posta particolare attenzione alla sua pulizia.
Feltro di lana spesso 2 cm: è dotato di passanti in cuoio che permettono di fissarvi sella e bisacce. Ha inoltre 4 anelli al quale può essere fissato materiale leggero (gamella, cappello, corda etc.)
Cilindro grande (posteriore, legato all’arcione della sella tramite le campanelle dietro alla paletta): resistente e leggero, contiene tutto ciò che non serve durante la giornata:
sacco a pelo
biancheria
3 canottiere leggere
due camicie di cotone
un maglione di lana
una giacca di cotone
pantaloni e maglia della tuta
un paio di pantaloni leggeri e una gonna
sapone da bucato
candele
materiale per lavarsi (sapone, shampoo, dentifricio, spazzolino da denti, tagliaunghie)
sacchetto pronto soccorso (aspirine, pastiglie per la gola, polvere cicatrizzante per Bor)
materiale per cucito (aghi per cucire, filo, un contenitore con perline miste, un po’ di pelle, cuoio e stoffa, 2 aghi da cuoio)
cartine utilizzate
documenti personali e di Bor
caricabatterie per telefono e macchina fotografica
Tasche laterali del cilindro: accendini di ricambio, cordino piccolo, cordini da balotto, doni per arcivescovo e stelle da lasciare alle persone, scotch, foulard scout del gruppo Caldiero 1, sacchetti di plastica, foulard dalla Mongolia, pila
Sotto al cilindro: impermeabile
Bisacce da sella
In cuoio, sono impermeabili, belle, molto resistenti e in ogni caso facilmente riparabili. Contengono:
A destra: scarpe leggere e sandali, picchetti, martello e chiodi da cavallo, cappello, telo tenda (m 3 x 3), lesina, filo e ago da cuoio
A sinistra: libro e diario, taccuino appunti con penna, cartina del giorno, pranzo del giorno, pinze, tazza, coperta termo riflettente, armonica
Legati all’arcione e agli anelli anteriori del feltro
A destra: borraccia, musetta con brusca e striglia in sacchetto a parte
A sinistra: longhina, musetta, moschettone con chiodo da roccia1 e corda di 20 m
Cilindro piccolo (anteriore)
Di materiale resistente e leggero contiene:
fornellino tipo campingas
una bombola di ricambio
gamella e posate
sacchetto con zucchero, the, camomilla, caffè solubile
sacchetto con olio, sale, spezie, cordiale
buste liofilizzate
diavolina
pasta, riso, pane, scatolette di tonno o salumi
telo sottile impermeabile di m 1,5 x 2
Peso totale: 35 kg + 10 kg di pietanza se le musette sono piene
Una penna di falco, inoltre, è sempre stata appesa alla coda di Bor e spesso ci ha suggerito come uscire dai guai.
Sella
STORIA DELLA SELLA (che vedete in foto)
Il paese ha cancellato con un colpo di spugna vecchie esperienze
le persone credono di “conoscere” soprattutto quelle che poco conoscono le opinioni personali diventano totalitarie del niente moltiplicandosi esponenzialmente ognuno ha diritto a dire la sua senza la minima vergogna ignoranza e professionalità sono ormai sullo stesso piano tenedo conto la premessa ecco
LA SELLA da trekking dell’ALPITREK
semplicissima sella da caccia con qualche lieve modifica ormai i modelli di selle sono innumerevoli, un tempo ne esistevano due tipi: una da lavoro una per l’equitazione, la finalità della prima era evidente, quella della seconda fine a se stessa, i mercanti resi forti dall’ignoranza della gente hanno prodotto l’orrore di selle ibride, ovviamente hanno avuto discreto successo commerciale
Il “metodo”? cosa è?
serve solo ai concorsisti della vecchia generazione; la sella deve essere comoda, comoda per il cavaliere, contatto leggerezza eleganza non servono più nel 1989 l’alpitrek aveva avuto l’ardire di chiedere al signor Stubben in persona di fare una sella da trekking con caratteristiche particolari, quelle che vedete annotate nella foto, doveva essere una sella robusta, leggera, con cuoio resistente alle avversità atmosferiche e che rispettasse il “metodo” si era andati nel quartier generale in svizzera, il signor Stubben era persona squisita, competente e quindi umile, aveva ascoltato le nostre esigenze capendole e in alcuni mesi aveva prodotto il tipo di sella che vedete in foto, sono passati molti anni e quella sella è sempre rimasta a suo posto, sul garrese, sotto la testa cuscino per la notte, sotto il sole della spagna e della russia, sotto l’acqua e la neve delle montagne tranquilla gente non è un discorso commerciale questo ma solo una storia, la stubben ne ha prodotte un centinaio o poco più ma non hanno avuto fortuna in quanto i sellai hanno avuto difficoltà a venderle , la sella rispettava un metodo che ormai pochi sapevano cosa era
1) Imbottitura dei cuscini quantitativamente calibrata per favorire la ripartizione dei pesi evitando fiaccature al cavallo
2) Seggio profondo con arco anteriore e paketta lievemente rilevati per consentire il mantenimento dell’assetto, senza sforzo anche in prolungati pendii
3) Quartiere giustamente conformato con lieve rialzo anteriore per dare buon alloggiamento al ginocchio e consentire una staffatura corretta al lavoro del trekking.
4) Serie di campanelle anteriori e alla mammella per consentire punto di aggancio al carico
5) Sella rinforzata anteriormente al quartiere e protetta onde evitare i danni determinati dal continuo sfregamento dei rami che si incontrano nella boscaglia
6) Sella rinforzata con doppia cucitura e cuoio alla sommità della paletta
7) Staffile Stubben
8) Staffa pesante in acciaio
la stessa sella nel 2010, vent’anni dopo, stesso feltro, stesse bisacce, stesso machete, logori loro logoro io, la coperta no è stata cambiata, sul merinos si usa per il lavoro in piano, per superare gli ostacoli, il cuoio al vegetale non ha mai dato problemi, sbattuta per terra o caricata sui camion, sempre con grazia, ha congiunto il cavallo al cavaliere per molti anni in tutta europa , su campi da lavoro e su tutti i tipi di terreno
sono affezionato a questa sella
Il cavaliere di questa cavalla la sa lunga
Osservate:
1 – la sella tedesca di ottima fattura con buon arcione
2 – è un cavaliere che rispetta il metodo (scelta della sella)
3 – procede con equipaggiamento leggero (il cilindro da sella non è pieno)
4 – consuma la colazione in luoghi lontani dall’usuale frequentazione (la borraccia e gamella)
5 – il tipo di borraccia denota una particolare cura funzionale ed estetica
6 – è una cavalla che può essere impastoiata (vedi le pastoie in raffinato cuoio crudo argentino)
7 – la sella può scivolare nelle ardite salite (vedi pettorale)
8 – le bisacce in buon cuoio denotano anni di strada
9 – feltro giusto e coperta militare in pura lana, il cavaliere non spreca denaro se non necessario
Finisco qui per non annoiare ma l’osservazione potrebbe continuare per molto ancora.